L’opera vuole raccontare gli anni di detenzione di Antonio Gramsci e per il quale, il carcere non è stato solo la cella come luogo fisico ma ha anche rappresentato l’allontanamento dalla vita sociale-familiare e l’aggravarsi delle sue critiche condizioni di salute. Da qui la scelta del plurale: “Le mie carceri”. L’artista ha voluto ricreare sul proprio corpo, in maniera visiva, il deterioramento fisico e morale che Gramsci ha vissuto.Read More →

Nell’opera l’artista riflette sulla storia di Antonio Gramsci, simile ad altre storie per l’istinto di resistenza e la capacità di sopportare determinate condizioni al fine di creare qualcosa di importante. Fondamentale è il ruolo delle persone che, con il loro resistere, possono alimentare (trasmettere?) un cambiamento nella società. Lo spettatore è invitato a camminare dando le spalle alla luce RGB e avvicinandosi al telo svela la frase proiettata sul retro che, senza di lui, non potrebbe apparire. E’ un invito ad agire, a resistere alle condizioni sfavorevoli e non solo ad esistere passivamente.Read More →

Il paesaggio, suggerito dalla tela di iuta è a prima vista desolato: strade rosse si sviluppano in alto e in basso restituendo un’immagine malinconica di un luogo di passaggio. Lo spettatore è quasi disturbato dall’idea di inoltrarsi senza sapere dove rivolgere lo sguardo, perdendo l’orientamento. L’opera trae ispirazione dallo scritto “Odio gli indifferenti” di Antonio Gramsci, molto vicino nell’immaginario dell’artista al passo della Bibbia citato nel titolo. Come Dio si rivolge al fedele “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo!”, così Gramsci invita a non essere indifferenti e a questi si rivolge “Chiedo conto aRead More →

L’opera vuole trasmettere le molteplici sfaccettature della vita di Antonio Gramsci, il vissuto, le professioni esercitate e le idee in continuo divenire. Questa poliedricità è tradotta graficamente in ogni suo elemento come una stratigrafia storica ed è presentata  nella forma circolare, che conferisce alla narrazione unitarietà. La scelta della seta  rimanda ai fazzoletti dei partigiani, stabilisce ordine e armonia in una fluida interezza. Piegando la composizione in modi differenti si possono osservare diverse storie contemporaneamente, in maniera sintetica e puntuale, così che comporre l’intera figura di Antonio Gramsci sarà più facile.  Read More →

L’opera vuole ricreare un’immagine della città, vissuta da Antonio Gramsci durante gli anni universitari. A sinistra si intravede uno scorcio di un edificio a lato della Biblioteca Nazionale dove le differenti dimensioni e decorazioni delle finestre  sottolineano le diversità delle classi sociali a cui era destinato ciascun piano. Ognuna di queste è rappresentata da stoffe tipiche del primo ventennio del Novecento: dai legumi che indicano i negozi del piano terra, ai materiali preziosi per le classi più agiate, fino al sottotetto con i tessuti più poveri, come la tela grezza. Sono le cose “non dette” che aiutano a riflettere rispetto a quelle scritte: nuove riflessioni,Read More →

L’opera ricrea un’immagine rappresentativa della massa, operaia e non, oggetto dell’analisi di Antonio Gramsci e trasportata nella contemporaneità che il modello capitalista ha reso oggetti tra gli oggetti. Attualizzando le critiche gramsciane al capitalismo, l’artista denuncia la condizione delle giovani generazioni, la cui intelligenza, che Gramsci invitava a sviluppare, non è richiesta, a cui si richiede di essere funzionali. L’egemonia culturale ha reso i giovani inermi e rassegnati al sistema; la vecchia rivoluzione e il vegliardo che vorrebbe proclamarla, risultano così ignorati. Fino a quando?Read More →

L’opera vuole rappresentare il pensiero di Antonio Gramsci nella sua capacità di tessere un legame tra il passato e il presente, dove vive tuttora restituendosi alle nuove generazioni in un tributo perenne. Il filo di ferro è metafora di questo intreccio che unisce luoghi e soggetti in ogni parte del mondo. I colori rosso, nero e giallo sono stati scelti, come simboli dell’immaginario legati al periodo e alla figura di Antonio Gramsci.Read More →

Il lavoro è un omaggio al pensiero di Antonio Gramsci e  alla sua personalità combattiva. La libertà, parola di cui si compone l’opera, è enfatizzata in quanto portatrice di un concetto più ampio dei suoi margini linguistici. La libertà va oltre una cornice, oltre una stanza o le sbarre di una prigione e Gramsci riuscì a far valere la sua libertà di “libero” pensiero. Libertà è continuare a essere sé stessi nonostante tutto.Read More →

L’opera è un tributo alla forza di volontà di Antonio Gramsci durante gli anni di reclusione. Analizzando alcuni brani delle “Lettere” (citazione?quale, numero?), l’artista sottolinea come non prevalga alcun sentimento di rancore politico, quanto piuttosto un Gramsci ossessionato dall’idea di perdere lentamente ciò che a lui era più caro: l’intelletto. Per tale ragione la scelta di isolarsi si rivela necessaria, quasi un’ascesi per resistere alla degradazione culturale che la routine carceraria reca (inevitabilmente?) con sé.Read More →

L’opera è omaggio alla forza sovversiva di un uomo in prigionia e del suo pensiero, che ha sconfinato le mura della cella, sopravvivendo sino a oggi. La forma di cemento conserva le proporzioni della cella del carcere di Turi in cui fu imprigionato Antonio Gramsci, i piccoli fori che costellano la superficie della forma rappresentano le poche possibilità e i pochi contatti che aveva con l’esterno. Sono stati seminati semi di piante diverse che, crescendo, avrebbero dovuto conquistare lo spazio circostante sino a sopraffare la statica forma di cemento. Ne è sopravvissuto uno, quello della Tradescantia, comunemente chiamata ”erba miseria” per la sua tenacia eRead More →