L’opera vuole raccontare gli anni di detenzione di Antonio Gramsci e per il quale, il carcere non è stato solo la cella come luogo fisico ma ha anche rappresentato l’allontanamento dalla vita sociale-familiare e l’aggravarsi delle sue critiche condizioni di salute. Da qui la scelta del plurale: “Le mie carceri”. L’artista ha voluto ricreare sul proprio corpo, in maniera visiva, il deterioramento fisico e morale che Gramsci ha vissuto.

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