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TORTORELLA FEDERICA, Pensiero

L’opera è omaggio alla forza sovversiva di un uomo in prigionia e del suo pensiero, che ha sconfinato le mura della cella, sopravvivendo sino a oggi. La forma di cemento conserva le proporzioni della cella del carcere di Turi in cui fu imprigionato Antonio Gramsci, i piccoli fori che costellano la superficie della forma rappresentano le poche possibilità e i pochi contatti che aveva con l’esterno.
Sono stati seminati semi di piante diverse che, crescendo, avrebbero dovuto conquistare lo spazio circostante sino a sopraffare la statica forma di cemento. Ne è sopravvissuto uno, quello della Tradescantia, comunemente chiamata ”erba miseria” per la sua tenacia e la sua forza di sopravvivenza: darà piccoli fiori bianchi o azzurri a ogni primavera, una nuova primavera del pensiero di Gramsci.

PIANA LUCIA, Chi è Gramsci?

L’installazione si pone in maniera provocatoria nei confronti del pubblico. Il cesto contiene degli amaretti, all’interno bigliettini con citazioni di Antonio Gramsci; il telaio è un invito a lasciare la risposta alla domanda “Chi è Gramsci?” o a ciò che altri hanno scritto. L’intento dell’artista è doppio: diffondere il pensiero di Gramsci, così poco conosciuto ancora in Italia, e rendere pubblica la conoscenza privata. Il pubblico è libero di scegliere una o entrambe le modalità, senza un ordine prefissato. Poiché è più comune prendere che dare, l’installazione si concluderà alla fine della mostra: sarà stato preso o dato di più? L’artista offre gli strumenti, il pubblico è invitato a portare via con sé qualcosa in più di un semplice dolcetto.

NEGAR SHARIATY, Gutta cavat lapidem

L’opera trova ispirazione dalla forza di volontà di Antonio Gramsci, dalla sua fiducia nel dialogo e nel ruolo dell’educazione; ne sono testimonianza le Lettere così come l’iniziativa di creare una scuola clandestina per i compagni di confino a Ustica. A coloro che vedevano la violenza come unica forma di opposizione al regime, Gramsci ripeteva che non avrebbe arrecato loro alcun beneficio. Sarebbe stato come sbattere la testa contro un muro di mattoni: il muro sarebbe rimasto in piedi mentre le loro teste sarebbero finite a pezzi (Giovanni Lay in Mimma Paulesu Quercioli, Gramsci vivo: nelle testimonianze dei suoi contemporanei, 1977). I blocchi divengono metafora del fascismo e di un momento storico più ampio: come le gocce scavano la pietra, così le pacifiche idee di Gramsci, piano piano, riuscirono a fargli oltrepassare il muro del fascismo senza rompersi la testa.

DAL MAS FRANCESCA, FRANCESCHINI STEFANO, Uniti contro l’indifferenza

L’opera si configura come un tributo alla vita di Antonio Gramsci, una sorta di piccolo altare in sua memoria. All’interno la falce e il martello variano di dimensioni secondo un andamento non casuale: a sinistra si ingrandiscono verso l’esterno, per simboleggiare il pensiero e la forza con cui lottava Gramsci e la sua speranza nel cambiamento, sopravvissuta fino al suo ultimo giorno di vita; a destra l’andamento si inverte, esprimendo gli ostacoli non solo fisici ma anche culturali, presenti talvolta ancora oggi, che hanno incontrato il suo pensiero e la sua figura (persona?). La nota di luce richiama lo sguardo di Nino, la sua forza, la sua caparbietà nonostante la salute precaria e infine la sua memoria, oggi tornata in vita.

CECUTTI LUCREZIA, L’orientamento nei pensieri

L’opera ricrea il percorso fisico e intellettuale di Antonio Gramsci nel periodo della doppia prigionia, visto dall’artista come un cosmo composto da diversi elementi. Le forme guidano l’occhio dello spettatore attraverso  una cartografia simbolica: l’impronta rappresenta la terra ferma, punto di partenza fisico e intellettuale; le linee richiamano paralleli e meridiani del peregrinare di Gramsci; la sfumatura più intensa si riferisce al rapporto tra la terra,  gli astri e la mente di Gramsci che, durante la prigionia, poteva essere libera, profonda e infinita solo dentro se stessa. Nella parte più chiara la sfumatura indica il passaggio fra la prigionia e il libero e infinito pensiero poetico e politico, filtrato per poter essere trascritto nei “Quaderni”.

PUCCIO ELEONORA, ROSSERO SOFIA, Pensieri e riflessioni

L’opera vuole rappresentare il periodo di reclusione di Antonio Gramsci durante il quale scrisse “I quaderni del carcere”. Anni di intensa solitudine ma allo stesso tempo di importanti riflessioni.  La cella e il senso di reclusione sono rappresentati dalle sbarre, al centro troviamo un calamaio con il pennino a sottolineare la centralità e l’importanza della scrittura.

ACCADEMIA ALBERTINA: LI JU, Selections from the Prison Notebooks

L’opera è composta da una serie di colori combinati tra loro: i tre primari (rosso, giallo, blu) e i tre secondari (arancione, verde, viola) e sono estratti da 275 opere d’arte di varie epoche.  I primari rappresentano i tre elementi essenziali nel mondo: natura, uomo e società, mentre i secondari, la cultura, la politica e l’economia. Arte e politica si combinano nella stessa piattaforma, in cui la forma dell’arte potrebbe indicare quella politica; la tonalità e lo stile le visioni politiche, mentre gli artisti corrisponderebbero ai politici. La presentazione di questi colori rispecchia le fasi e i valori della società.

REGAZZO STEFANO, Attività della città futura

L’opera si pone come un’azione concettuale sul funzionamento del pendolo di Newton. Il pubblico è invitato ad azionarlo ragionando sul suo processo meccanico: le parti che si muovono rappresentano la cultura e lo stato, comune determinatore è l’energia del popolo. E’ una riflessione per il  pubblico e mostrare attraverso la sua stessa azione, di essere parte scatenante e attiva di un cambiamento che può avvenire solo non restando passivi. Un invito a sentirepulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini.” (Antonio Gramsci, “Odio gli indifferenti” 11 febbraio 1917)

CRISANTI ELISABETTA, Indifferenza

Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa“ (A. Gramsci, “Odio gli indifferenti”, 1917).  L’artista, partendo da questo testo, ha voluto riflettere sulla massa di indifferenti a cui Antonio Gramsci si riferisce, contestualizzandola nella contemporaneità. I lavoratori sono vittima di strumenti culturali egemonici, quali ad esempio la comunicazione di massa che imprime una “falsa coscienza” e conduce a far propria l’ideologia borghese. L’artista ha voluto creare un parallelo tra la condizione operaia del periodo storico di Gramsci e quello attuale.