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CAMPANELLA VITTORIO, JONA IRENE PALOMA, LENTI MARGHERITA, PIRAS EMANUELE, Identikit

Il video si sviluppa in quattro parti, ognuna di queste contiene un’azione performativa che costituisce un ponte tra realtà differenti e vuole riportare un’immagine unitaria di Antonio Gramsci tramite alcuni oggetti che caratterizzano la sua figura. Come Gramsci fu mediatore sociale e culturale tra il mondo intellettuale e le altre classi sociali, l’obiettivo degli artisti è proprio quello di connettere l’azione  artistica e la vita di tutti i giorni, sottolineando quanti luoghi e percorsi della città siano permeati dalla presenza di Gramsci.  

ESPOSITO CARMINE, I miei carceri

L’opera vuole raccontare gli anni di detenzione di Antonio Gramsci e per il quale, il carcere non è stato solo la cella come luogo fisico ma ha anche rappresentato l’allontanamento dalla vita sociale-familiare e l’aggravarsi delle sue critiche condizioni di salute. Da qui la scelta del plurale: “Le mie carceri”. L’artista ha voluto ricreare sul proprio corpo, in maniera visiva, il deterioramento fisico e morale che Gramsci ha vissuto.

BAGHERNEJAD MOHSEN, Resistere è esistere – Resistance is Existence

Nell’opera l’artista riflette sulla storia di Antonio Gramsci, simile ad altre storie per l’istinto di resistenza e la capacità di sopportare determinate condizioni al fine di creare qualcosa di importante. Fondamentale è il ruolo delle persone che, con il loro resistere, possono alimentare (trasmettere?) un cambiamento nella società. Lo spettatore è invitato a camminare dando le spalle alla luce RGB e avvicinandosi al telo svela la frase proiettata sul retro che, senza di lui, non potrebbe apparire. E’ un invito ad agire, a resistere alle condizioni sfavorevoli e non solo ad esistere passivamente.

POP LIDIA MARIA, Apocalisse 3-15- Le sette stelle

Il paesaggio, suggerito dalla tela di iuta è a prima vista desolato: strade rosse si sviluppano in alto e in basso restituendo un’immagine malinconica di un luogo di passaggio. Lo spettatore è quasi disturbato dall’idea di inoltrarsi senza sapere dove rivolgere lo sguardo, perdendo l’orientamento. L’opera trae ispirazione dallo scritto “Odio gli indifferenti” di Antonio Gramsci, molto vicino nell’immaginario dell’artista al passo della Bibbia citato nel titolo. Come Dio si rivolge al fedele “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo!”, così Gramsci invita a non essere indifferenti e a questi si rivolge “Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto.“ (Antonio Gramsci, “Odio gli indifferenti”, 11 febbraio 1917)

MORREALE SABRINA, Sintesi collettiva

L’opera vuole trasmettere le molteplici sfaccettature della vita di Antonio Gramsci, il vissuto, le professioni esercitate e le idee in continuo divenire. Questa poliedricità è tradotta graficamente in ogni suo elemento come una stratigrafia storica ed è presentata  nella forma circolare, che conferisce alla narrazione unitarietà. La scelta della seta  rimanda ai fazzoletti dei partigiani, stabilisce ordine e armonia in una fluida interezza. Piegando la composizione in modi differenti si possono osservare diverse storie contemporaneamente, in maniera sintetica e puntuale, così che comporre l’intera figura di Antonio Gramsci sarà più facile.  

LAVAGNINI GLORIA VERONICA, Dicotomia sempre attuale (contro le classi attraverso la parola)

L’opera vuole ricreare un’immagine della città, vissuta da Antonio Gramsci durante gli anni universitari. A sinistra si intravede uno scorcio di un edificio a lato della Biblioteca Nazionale dove le differenti dimensioni e decorazioni delle finestre  sottolineano le diversità delle classi sociali a cui era destinato ciascun piano. Ognuna di queste è rappresentata da stoffe tipiche del primo ventennio del Novecento: dai legumi che indicano i negozi del piano terra, ai materiali preziosi per le classi più agiate, fino al sottotetto con i tessuti più poveri, come la tela grezza. Sono le cose “non dette” che aiutano a riflettere rispetto a quelle scritte: nuove riflessioni, nuovi mondi che si aprono nella mente di che le ritrova.

BONGIOVANNI SMERALDA, No intelligence required (Intelligenza non richiesta)

L’opera ricrea un’immagine rappresentativa della massa, operaia e non, oggetto dell’analisi di Antonio Gramsci e trasportata nella contemporaneità che il modello capitalista ha reso oggetti tra gli oggetti. Attualizzando le critiche gramsciane al capitalismo, l’artista denuncia la condizione delle giovani generazioni, la cui intelligenza, che Gramsci invitava a sviluppare, non è richiesta, a cui si richiede di essere funzionali. L’egemonia culturale ha reso i giovani inermi e rassegnati al sistema; la vecchia rivoluzione e il vegliardo che vorrebbe proclamarla, risultano così ignorati. Fino a quando?

ACQUAFRESCA IRENE, BELLUCCI ANDREA, BONAUDO LUCREZIA, MALKU ANDI, Tessere (passato, presente, futuro)

L’opera vuole rappresentare il pensiero di Antonio Gramsci nella sua capacità di tessere un legame tra il passato e il presente, dove vive tuttora restituendosi alle nuove generazioni in un tributo perenne. Il filo di ferro è metafora di questo intreccio che unisce luoghi e soggetti in ogni parte del mondo. I colori rosso, nero e giallo sono stati scelti, come simboli dell’immaginario legati al periodo e alla figura di Antonio Gramsci.

ZAFFARANO LUCREZIA, Libertà

Il lavoro è un omaggio al pensiero di Antonio Gramsci e  alla sua personalità combattiva. La libertà, parola di cui si compone l’opera, è enfatizzata in quanto portatrice di un concetto più ampio dei suoi margini linguistici. La libertà va oltre una cornice, oltre una stanza o le sbarre di una prigione e Gramsci riuscì a far valere la sua libertà di “libero” pensiero. Libertà è continuare a essere sé stessi nonostante tutto.

BUONAFEDE RICCARDO, Certo io resisterò

L’opera è un tributo alla forza di volontà di Antonio Gramsci durante gli anni di reclusione. Analizzando alcuni brani delle “Lettere” (citazione?quale, numero?), l’artista sottolinea come non prevalga alcun sentimento di rancore politico, quanto piuttosto un Gramsci ossessionato dall’idea di perdere lentamente ciò che a lui era più caro: l’intelletto. Per tale ragione la scelta di isolarsi si rivela necessaria, quasi un’ascesi per resistere alla degradazione culturale che la routine carceraria reca (inevitabilmente?) con sé.