L’opera si compone di quattro immagini in cui compare la medesima penna stilografica, stretta da un nodo di colore diverso. Il loro accostamento suggerisce ed evoca le sbarre di una cella per ricordare il periodo in cui Antonio Gramsci visse in carcere e anche ‘il nodo’ della censura contro cui il politico dovette combattere durante gli anni in cui scrisse l”’Ordine Nuovo”Read More →

L’opera nasce da un reale scambio di lettere avvenuto, grazie all’associazione di volontariato Pantagruel, tra l’artista e un detenuto del penitenziario di Sollicciano a Firenze. L’artista ha voluto così indagare in prima persona il punto di vista quotidiano della vita di un carcerato, che si replica simile per tutti i detenuti e, per certi aspetti, sempre identica nel corso degli anni. Attraverso questo lavoro la narrazione del carcerato si dà allo spettatore, con le sue riflessioni, illusioni e disillusioni, ricreando parte della narrazione delle Lettere di Antonio Gramsci.Read More →

L’opera trae ispirazione da un breve racconto di Antonio Gramsci “L’elefante motorizzato” (A. Gramsci, 6 ottobre 1924), facente parte della raccolta di fiabe “L’albero del riccio” destinata ai suoi figli e riportate nelle lettere scritte tra il 1923 e il 1935. Le storie avventurose narrano di briganti e di animali e molte traggono spunto da fatti realmente accaduti. I colori brillanti scelti dall’artista restituiscono un’immagine di Gramsci paterna e, nelle vesti dell’elefante motorizzato, quale protagonista del racconto.Read More →

L’opera vuole rappresentare il legame di Antonio Gramsci, fondatore del Partito Comunista Italiano, con la figura di Karl Marx. Gli scritti gramsciani rappresentano infatti un pilastro del pensiero marxista in Italia. Altri elementi richiamano i luoghi di origine di Gramsci e quindi il suo sviluppo da quadruplice provinciale a soggetto attivo di un cambiamento storico e politico.Read More →

L’opera si ispira alle lettere che Antonio Gramsci scrisse alla madre, cui era molto legato, durante il carcere. Ogni elemento ha una propria simbologia: il rosso, che scorre sul collage di lettere, rappresenta l’emorragia che lo portò alla morte; la sagoma con la sua figura, quasi mostruosa, fa riferimento al morbo di cui era affetto; infine, all’interno di questa, il testo della lettera che ha ispirato l’opera: “Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione. Vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente.Read More →

L’opera è un ritratto in bianco e nero di Antonio Gramsci con la sua distintiva e folta capigliatura, su uno sfondo rosso che fa riferimento al comunismo ed evoca la violenza dell’epoca. In cima alla chioma, rispetto a una folla, possiamo riconoscere tre figure in evidenza, una citazione de “Il quarto Stato” (1901) di G. Pellizza da Volpedo che rappresentò pittoricamente la popolazione più svantaggiata, la stessa a cui Antonio Gramsci dedicò un’intera vita con le sue lotte.Read More →

L’opera nasce da una riflessione sulla frase: ”Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. (…) Non c’è in esse nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano (A. Gramsci, “Odio gli indifferenti”, 11 febbraio 1917). Sviluppa attraverso il motivo della finestra o meglio delle finestre una reale e l’altra virtuale (il mondo di internet) lo stesso concetto.  La finestra reale richiama l’immobilità di uno sguardo senza  azione, chi osserva ma non fa nulla; la finestra virtuale (web, network) in fondo non è molto diversa,  si trattaRead More →

L’opera si configura come un ritratto ‘faceworld’ di Antonio Gramsci. L’artista, lavorando sulla stratificazione delle immagini, inserisce riferimenti a vicende descritte  nelle Lettere. C’è un’isola che può identificarsi con la terra-madre, la Sardegna o con Ustica, a essa fanno riferimento altri elementi della composizione che sottolineano l’ingegno e l’umorismo di Gramsci nell’affrontare le difficoltà del confino e del carcere, un messaggio quanto mai attuale. Il monito gramsciano, ripreso nel titolo dell’opera, vuole smuovere lo spettatore dall’apatia suggerendo una re-azione alle difficoltà.Read More →

Il lavoro trae ispirazione dalle “Lettere dal carcere” di Antonio Gramsci, la più intima delle sue opere, in cui l’autore svela, tra le vicissitudini di cui è protagonista, il suo pensiero e la sua anima. Sono proprio alcuni estratti delle Lettere a ricostruire graficamente il volto di Gramsci, affermando quanto l’esistenza e il pensiero di quest’uomo siano legati, lasciando un segno o un volto riconoscibile nella storia.Read More →

L’8 novembre 1926 Antonio Gramsci viene arrestato dalla polizia fascista nella casa romana di via Giovan Battista Morgagni (vicino Porta Pia) dove aveva una camera in affitto. Il lavoro cerca di restituire la dimensione privata dell’individuo dove si percorrono i sentieri interni della mente, teatro di ombre e figure evanescenti. Nella sospensione del divenire le linee dello spazio si fondono con il fluire degli eventi, in uno stato di introspezione dove il tempo si perde in un labirinto di trasformazioni e lo spazio si concentra in una stanza, le cui pareti segnano un labile confine che separa la realtà dal vortice dell’immaginario.Read More →